Il conflitto nella regione del Donbas tra le forze armate ucraine e i separatisti delle Repubblica Popolare di Doneck (DPR) e la Repubblica Popolare di Lugansk (LPR) è entrato nel suo terzo anno a marzo 2016. Mentre un fragile accordo di pace (Minsk Protocol) è in atto da settembre 2014, rinforzato da un secondo accordo (Minsk II) adottato nel febbraio 2015, il dibattito pubblico non potrebbe essere più lontano dall’idea di una soluzione pacifica al conflitto nella regione del Donbas. La popolazione non viene informata, e tantomeno consultata, sui temi oggetto delle negoziazioni a Minsk, con un conseguente indebolimento delle prospettive di pace in Ucraina.
Come in molti processi di pace, le decisioni in Minsk vengono prese a porte chiuse. Se da una parte la necessità di riservatezza in un processo di pace è comprensibile, dall’altra la decisione di non informare la popolazione civile e di non coinvolgere le comunità colpite direttamente dal conflitto spesso sfociano in accordi di pace insostenibili. L’Ucraina non fa eccezione. Non ci sono stati tentativi di informare adeguatamente la popolazione sulle negoziazioni di Minsk e di affrontare le sue preoccupazioni mentre l’idea originaria di un “ampio dialogo nazionale” è stata rapidamente abbandonata. L’accordo del venerdì santo in Irlanda del Nord dimostra come la chiave di un accordo di pace duraturo sia un processo di pace inclusivo e gli accordi di Dayton in Bosnia Herzegovina provano che, dove le negoziazioni escludono delle parti e non affrontano elementi chiave che hanno provocato il conflitto, la riconciliazione avrà una vita breve.
La decisone di non promuovere un dibattito pubblico sulle possibili soluzioni pacifiche al conflitto e di non coinvolgere la popolazione nel processo di pace hanno avuto l’effetto di contribuire a uno scetticismo generalizzato, sfociato talvolta in manifestazioni di repressione violenta, nei confronti dell’attivismo per la pace e per la risoluzione non-violenta dei conflitti, da molti percepiti come non patriottici. La predominante narrativa del conflitto oppone in una maniera semplicistica due fazioni, una pro-Ucraina e pro-Europa e l’altra pro-Russia, dimenticando la complessità e le stratificazioni del conflitto in atto. Anche la militarizzazione del discorso pubblico sul conflitto è ancora predominante.
Tuttavia, se la pace non trova riscontro nel discorso pubblico, iniziative per promuovere il dialogo, la mediazione e la riconciliazione come strumenti per supportare una risoluzione pacifica del conflitto hanno guadagnato terreno dallo scoppio del conflitto. La diffusione di una cultura di dialogo e l’uso del dialogo e della mediazione come strumenti per trasformare e risolvere i conflitti sono promossi da vari attori fra cui singoli paesi come la Finlandia e la Svizzera, organizzazioni regionali come l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), organizzazioni non-governative internazionali e organizzazioni della società civile locale.
L’OSCE ha promosso dialoghi a livello locale facilitati da mediatori di calibro internazionale sull’agenda delle riforme nelle comunità maggiormente colpite dal conflitto in Doneck, Kramatorsk, Lugansk e Marioupol. Questi dialoghi hanno affrontato varie questioni come l’educazione, la decentralizzazione, la relazione tra le autorità locali e le rispettive comunità, la sicurezza per l’attraversamento della linea di contatto, l’integrazione degli sfollati a causa della guerra nelle comunità che li accolgono e così via. La Missione Speciale di Monitoraggio dell’OSCE in Ucraina ha anche un mandato di facilitazione del dialogo sul posto per ridurre le tensioni, anche se il suo compito principale rimane quello del monitoraggio della situazione della sicurezza ed in particolare del cessate il fuoco.
Iniziative di dialogo a livello locale sono state intraprese da attori locali e organizzazioni non-governative internazionali, anche se spesso con finanziamenti limitati. Queste iniziative coinvolgono diversi gruppi di interesse tra cui, ad esempio, governi locali e le rispettive comunità, sostenitori dell’integrità territoriale dell’Ucraina e sostenitori dei separatisti, sfollati e le comunità di accoglienza, gruppi di donne da parti opposte della linea di contatto, si svolgono in maniera regolare. Di straordinario impatto sono state ad esempio le iniziative locali promosse da Dignity Space, un’organizzazione nata a seguito delle proteste Euromaidan per promuovere la riconciliazione che usa mediatori professionisti nella tecnica della Comunicazione Non-violenta (NVC). Particolare successo hanno avuto i dialoghi tra rappresentanti delle forze speciali anti-sommossa della polizia (Berkut), sciolte in seguito ai confronti violenti con i dimostranti, e gli attivisti feriti durante le proteste.
Mentre le negoziazioni di alto livello e la messa in opera di Minsk II sono bloccate su elementi chiave, gli sforzi a livello locale per promuovere la pace sono molteplici. Tali sforzi possono ridurre le tensioni in aree particolarmente a rischio, preparare il terreno per un futuro accordo politico tra le parti, affrontare i bisogni e le preoccupazioni delle comunità locali interessate dal conflitto e promuovere la riconciliazione tra gruppi e comunità che si sono allontanate ideologicamente a causa del conflitto. Queste iniziative rappresentano la migliore speranza per la pace in Ucraina e dovrebbero essere meglio sostenute economicamente e strategicamente.