LA PACE IN LIBIA È POSSIBILE, MA SOLO COL COINVOLGIMENTO DELLA SOCIETÀ CIVILE
Le notizie che giungono dalla Libia in questi giorni parlano una situazione in cui le condizioni socio-economiche peggiorano e il conflitto armato aumenta. La firma degli accordi di Skhirat, nel dicembre 2015, e la successiva creazione del governo d’accordo nazionale, hanno alimentato la speranza che le diverse fazioni libiche potessero raggiungere un compromesso che favorisse il ritorno all’ordine e alla stabilità. E mentre i mesi successivi agli accordi sembrarono confermare queste speranze, da allora la situazione socio-politica è deteriorata rapidamente: oggi il paese è diviso come non mai e si trova un’altra volta sul precipizio della guerra civile.
Leggere i titoli dei giornali non permette tuttavia di avere il quadro completo di quello che sta succedendo in Libia, dove il ruolo e le azioni di diversi attori locali dimostrano che un modo per promuovere la pace e la riconciliazione con efficacia è ancora possibile.
Il 25 novembre AP ha organizzato una tavola rotonda sul peacebuilding in Libia, portando assieme i rappresentanti di diverse organizzazioni non-governative (ONG) che lavorano per promuovere la costruzione della pace tra attori libici e per sostenere iniziative di peacebuilding locali. Uno dei punti più importanti di cui si è parlato riguarda come, nonostante l’alto livello d’insicurezza nel paese, la società civile libica continui a rimanere attiva nel promuovere la risoluzione dei conflitti e il peacebuilding. In più, queste iniziative hanno avuto anche successo: il ‘dialogo sociale libico’, per esempio, è stato organizzato da un gruppo di giovani attivisti libici che lavoravano ben al di fuori del processo officiale promosso dall’ONU e ha contribuito con successo alla mediazione di diversi conflitti locali nella zona delle Montagne di Nafusa, nel nord-ovest della Libia.
In generale, i partecipanti alla tavola rotonda si sono trovati d’accordo sul fatto che i cittadini e le comunità libici non hanno pressoché alcuna fiducia, oggi, nelle istituzioni e nei processi politici nazionali, e tantomeno in coloro che vi sono coinvolti. Dove le iniziative di peacebuilding hanno avuto successo, queste sono state guidate da attori della società civile libica e tenute lontane dalla politica nazionale: le chiavi del loro successo sono state la reputazione e il rispetto delle persone coinvolte, ovvero leader autonomi e informali, tra cui imprenditori, giovani attivisti e anziani. E mentre il consenso è che le sfide per il peacebuilding (tra cui la difficoltà di spostarsi e di comunicare attraverso il paese, la bassa legittimità di chi detiene il potere politico e la sfiducia nei confronti degli attori internazionali) rimangono notevoli, esistono anche delle opportunità. Ci sono, per esempio, alcuni temi legati al processo di riforma costituzionale, come il ruolo dei diritti universali, che potrebbero essere usati per portare insieme la gente, per aumentare la fiducia tra comunità, e per creare dei dividendi concreti legati alla pace. Lavorare con le comunità a livello locale (e quindi lontano dalla politica nazionale) ha anche portato alla firma di importanti accordi a favore della pace e della riconciliazione. I temi discussi durante la tavola rotonda possono essere letti nel resoconto officiale dell’evento.
La tavola rotonda sottolinea come i processi di peacebuilding e riconciliazione in Libia sono ancora vivi e possono avere successo. La chiave di questo risultato è da trovare nella natura inclusiva di questi processi, dove la priorità deve essere data alle voci e ai bisogni delle comunità locali. L’inclusione della società civile libica non è, in altre parole, semplicemente un’attività marginale alle altre; al contrario, essa è il fondamento su cui la pace diventa sostenibile. Come l’ex Presidente della Commissione Europea Romano Prodi scrive in un suo recente articolo, per salvaguardare il futuro delle Libia “l’azione che ci aspettiamo non è quella tradizionale di un accordo fra le cosiddette ‘grandi potenze’, ma una comune azione per mettere attorno ad uno stesso tavolo tutti i protagonisti della tragedia libica”.
Per promuovere la partecipazione della società civile, i partecipanti hanno enfatizzato il bisogno di un coordinamento più robusto e qualitativamente migliore, non solo tra gli attori internazionali, ma anche tra questi e i gruppi libici che già lavorano sul peacebuilding. Sarà anche necessario, per i paesi donatori in particolare, riconoscere che la società civile libica è composta da tanti diversi tipi di attori, alcuni non registrati formalmente come associazioni. Sostenerli colle risorse per promuovere la riconciliazione non sarà quindi facile, ma necessario per garantire che i processi di dialogo siano veramente inclusivi.
Tutti questi sono punti d’azione che AP continuerà a promuovere attraverso attività di advocacy.