L’AVANZATA DEI PARAMILITARI MINACCIA L’IMPLEMENTAZIONE DEGLI ACCORDI IN COLOMBIA
A tre mesi dalla firma dell’accordo di pace definitivo, in Colombia proseguono gli sforzi legislativi per renderne effettiva l’implementazione, ma nei territori i gruppi paramilitari mirano ad occupare i vuoti lasciati dal ritiro delle FARC, generando un’ondata di violenza che dal primo gennaio ha determinatol’uccisione di 23 leader sociali, fra cui pacifisti e difensori di diritti umani.
La firma dei nuovi accordi di pace in Colombia il 24 novembre 2016 ha segnato infatti solo il primo passo verso la stabilizzazione del Paese e la trasformazione delle FARC da un gruppo armato illegale a un movimento politico senza armi. In questa direzione si muove la presenza nel Congresso del movimento cittadino “Voces de Paz y Reconciliación”, con il fine di vigilare affinché non si cambi lo spirito dell’accordo durante i lavori alle Camere. Questi ultimi si stanno svolgendo secondo la fast track, autorizzata dalla Corte Costituzionale perché il Parlamento crei entro sei mesi leggi per l’implementazione dell’accordo. Finora è stata approvata solo la Legge di amnistia e indulto ed è in atto il dibattito in Parlamento sulla Giurisdizione speciale per la pace, con il rispettivo Tribunale, la Commissione della Verità e l’Unità di ricerca delle vittime di sparizione forzata. Dalla adeguata attenzione alle vittime e dalla lotta all’impunità dipenderà la credibilità e legittimità politica dell’accordo di pace.
Per quanto riguarda l’implementazione sul campo, il fine settimana passato l’ultimo contingente delle FARC si è smobilitato, portando a compimento il processo di concentrazione di più di 6.900 guerriglieri nelle Zonas Veredales Transitorias de Normalización (ZVTN) ovvero i luoghi in cui avverrà la consegna delle armi da parte dei membri del gruppo, fissata per il primo di giugno. L’analisi della situazione nei territori mostra scenari complessi e un generale ritardo nella fase di applicazione degli accordi. Le condizioni degli accampamenti transitori sono precarie dal punto di vista infrastrutturale, sanitario e di accesso ai diritti di base. Situazione logistica a parte, sono le scarse garanzie di sicurezza una volta consegnate le armi a non convincere i membri del gruppo guerrigliero, così come le negligenze da parte del governo denunciate dalla neonata campagna nazionale #VengaEsaManoPorLaPaz, promossa dalla società civile per tutelare l’implementazione dell’accordo.
L’uccisione di leader sociali in varie zone del paese rimane tuttavia la contraddizione principale di questa “pace negativa”, caratterizzata da assenza di guerra e validità del cessate il fuoco bilaterale. In questi giorni le organizzazioni di difesa dei diritti umani esprimono preoccupazione per la situazione: 20 omicidi nel solo mese di gennaio 2017 che si sommano ai 117 difensori dei diritti umani uccisi in Colombia nel 2016. I target sono principalmente leader sociali impegnati nella costruzione della pacenei territori e membri del movimento politico Marcha Patriótica.
Mentre diminuiscono le vittime civili derivanti dal conflitto aperto, si sta assistendo dunque a una recrudescenza di attentati contro le peace constituencies, ovvero, quei membri della società civile impegnati nella riconciliazione e costruzione della pace effettiva nei territori attraverso percorsi comunitari, inclusivi e di difesa dei diritti umani dal basso. Tra i leader uccisi, c’è Emilsen Mayoma, dell’associazione CONPAZ (Comunidades Construyendo Paz en los Territorios), impegnata nella documentazione di casi di sparizioni forzate per la Commissione della verità a Buenaventura. Allo stesso modo, in questi giorni è sotto attacco la Comunità di Pace di San José de Apartadò, realtà contadina di difesa nonviolenta in Antioquia.
Nello stesso Urabá antioqueño, l’uccisione di José Yimer Cartagena Úsuga, membro del partito politico Marcha Patriótica, mostra l’avanzare del gruppo paramilitare delle AGC ‘Autodefensas Gaitanistas de Colombia’ in zone dove le FARC si stanno ritirando, e in particolare, dove si conformeranno le Circoscrizioni speciali di pace, strategiche per assumere il potere nelle prossime elezioni. Sale così a 129 il numero dei membri del partito Marcha Patriótica uccisi in cinque anni, dato che avalla l’ipotesi di una persecuzione sistematica dei membri del movimento, fermamente smentita però dalle autorità.
“Un esempio concreto dei problemi che il Paese sta avendo nella fase di transizione verso la pace è che alcuni gruppi armati si spostano verso zone abbandonate dalle FARC e cercano di stabilire il controllo attraverso la violenza”, ha affermato il Segretario delle Nazioni Unite Antonio Guterres, dopo la presentazione dell’ultimo report informativo della missione ONU in Colombia.
Le AGC puntano ad assumere il controllo della popolazione, del territorio e dell’economia illegale legata al narcotraffico. L’ultimo monitoraggio effettuato dall’UNODC, Ufficio delle Nazioni Unite per il Controllo della Droga e la Prevenzione del Crimine, evidenzia in zone come quella di Córdoba un picco storico nel numero di ettari coltivati con piante di coca. La sostituzione delle coltivazioni illecite, come proposta dall’accordo, non avverrà da un giorno all’altro e la mera fumigazione delle coltivazioni illecite non è una risposta adeguata alla complessità del problema, ma rischia di aggravare le condizioni di vita della popolazione civile che dipende dall’agricoltura.
Nel frattempo i movimenti sociali contadini e indigeni non smettono di organizzarsi per dare vita ad esempi di costruzione della pace a partire dai territori basata sulla giustizia sociale. Con questo proposito si è svolto nella città di Pasto il secondo Foro Construyendo Paz con Equidad desde Nariño, accompagnato dallo UNDP, Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo. L’incontro ha prodotto il lancio del primo Territorio contadino agroalimentare, creato nel municipio di San Pablo (Nariño del nord) per la difesa di diritti territoriali, dell’identità contadina ed economia su piccola scala, minacciata in questo territorio dal modello di sviluppo basato sull’impresa estrattiva e l’agroindustria.
Buone notizie si hanno anche riguardo alla negoziazione con il gruppo guerrigliero dell’ELN (Ejército de Liberación Nacional): il 7 febbraio si è annunciata l’apertura ufficiale vicino Quito di un tavolo per la negoziazione fra lo Stato colombiano ed il gruppo insorgente attivo dal 1964. A sbloccare le conversazioni preliminari l’atteso rilascio dell’ex-congressista Odín Sánchez Montes de Oca dopo 9 mesi di prigionia.
Complessivamente, però, la situazione colombiana rimarrà critica finché lo stato continuerà a negare il fenomeno del paramilitarismo e non si farà carico della protezione delle comunità di civili che resistono in forma nonviolenta. Per Jorge Restrepo, direttore del CERAC (Centro de Recursos para el Análisis de Conflictos), “non si può dare per scontato che il processo di pace con le FARC non si possa invertire. Se si è in presenza di un governo che rinnega gli accordi, la Colombia può tornare al conflitto.”