Durante la stesura del Piano d’Azione Nazionale (PAN) abbiamo parlato di sicurezza personale, ma ciò che in realtà intendiamo è coinvolgere le donne nelle questioni di sicurezza nazionale. Mettiamo le donne nell’esercito e le cose cambieranno.”
Dragana Petrovic,
fondatrice ed ex-membro del Consiglio per l’Uguaglianza di Genere,
advisor sulle questioni di genere nella stesura del PAN della Risoluzione 1325.____________
INTRODUZIONE: UN DOPPIO ANNIVERSARIO
Quest’anno il mondo celebra il ventesimo anniversario della Risoluzione 1325 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (UNSCR), ma ricorre anche il decimo anniversario del primo Piano d’Azione Nazionale serbo (PAN). Il 2020 rappresenta quindi un importante traguardo per l’Agenda Donne, Pace e Sicurezza (DPS) in Serbia nonché un buon momento per valutarne l’impatto nel paese.
Il conflitto armato dei Balcani, negli anni ’90, è stato una forza trainante per l’adozione della Risoluzione 1325 nel 2000. Questo conflitto non è stato caratterizzato solamente dal ricorso a una violenza fisica estremamente brutale, ma anche da forme di violenza dalla forte carica simbolica, tipiche del periodo successivo alla Guerra Fredda: la pulizia etnica, l’uso di violenza smodata contro civili e la violenza sessuale come arma di guerra. Le donne sono state colpite con particolare durezza durante tutto il conflitto. Alla fine della guerra, dunque, le pressioni esercitate da varie organizzazioni femminili di tutta la regione sono state cruciali per l’adozione di tale risoluzione.
Diverse organizzazioni di donne dei Balcani, pur impegnate su vari temi, convergevano tutte a livello ideologico intorno a una prospettiva femminista e antimilitarista. Nel contesto serbo, queste organizzazioni si opponevano alle pratiche e ai valori militaristi e patriarcali ereditati dal regime dell’ex-presidente serbo Slobodan Milosevic e, proprio per questo, erano state considerate nemiche dello stato, organizzazioni traditrici che osteggiavano la loro stessa nazione. Questa visione si è rivelata ben radicata persino anni dopo, purtroppo, quando il paese cominciava il processo di democratizzazione.
Negli anni 2000 in Serbia, in un periodo di riforme democratiche, si percepiva un disperato bisogno di una riforma del settore della sicurezza. Questa riformulazione delle nozioni statali sul tema della sicurezza ha dunque finalmente permesso l’introduzione delle questioni di genere nell’agenda nazionale. È essenziale sottolineare, tuttavia, che le diverse concezioni di ciò che davvero significhi “sicurezza” hanno profondamente influenzato l’interpretazione e l’attuazione della Risoluzione 1325.
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IL PRIMO PAN (2010-2015): L’ADOZIONE DELLA UGUAGLIANZA STRUMENTALE
Women in Black (WiB) è una delle più importanti reti transnazionali di organizzazioni di donne dei Balcani. È considerata una delle prime organizzazioni non governative (ONG) strutturate in Serbia e ancora oggi funziona come un’organizzazione ombrello. WiB è stata una delle principali voci a esercitare pressioni per l’adozione della Risoluzione 1325 da parte dell’ONU e la loro sede serba è stata il primo ente a redigere un PAN nel paese. La loro proposta di PAN è stata poi presentata al parlamento serbo, nel 2007, ma non è mai stata discussa. Nel 2009 sono stati invece due think tank impegnati nel settore sicurezza, il Belgrade Fund for Political Excellence e il Belgrade Center for Security Policy, a impegnarsi a redigere, insieme al Ministero della Difesa serbo, un documento basato su un approccio alla sicurezza piuttosto pragmatico e di impronta militarista. Il primo PAN è stato dunque approvato e pubblicato nel dicembre 2010 con il sostegno dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) e di UNIFEM (ora UN Women). Non sorprende perciò che questa versione rispecchi esattamente ciò che lo Stato intende per sicurezza.
La versione definitiva del primo PAN serbo (2010-2015) ha, infatti, adottato un’interpretazione del concetto di sicurezza che differisce enormemente dalla prospettiva femminista e anti-militarista promossa dalle organizzazioni di donne quali la rete WiB. Non essendoci un consenso sulla natura stessa del concetto di sicurezza espresso nella Risoluzione 1325, i vari attori ritengono che questo documento pertenga alternativamente all’ambito della difesa o a quello del genere. Questo primo PAN si è quindi concentrato sull’uguaglianza strumentale tra uomini e donne, che si è concretamente tradotta in uno sforzo per stabilire quote femminili e in un maggiore impiego delle donne nelle forze armate.
L’approccio antimilitarista e femminista alla Risoluzione 1325 (proposto dalla società civile) non prevedeva affatto che questo documento venisse usato per “rendere la guerra più sicura per le donne”, ma piuttosto che servisse a bandire i valori militaristi, causa di gravi danni a intere società.
L’idea alla base dell’uguaglianza strumentale è che l’uguaglianza di genere sia raggiungibile e misurabile attraverso indicatori numerici, come le quote e l’inclusione di gruppi emarginati, in questo caso le donne, nel settore della sicurezza. Questa uguaglianza numerica è, tuttavia, molto diversa dalla nozione di mainstreaming di genere, perché lascia invariata l’interpretazione del concetto di sicurezza: il punto focale rimane lo stato, non la popolazione. Ciò che si può dedurre da questa logica è che, attraverso questa uguaglianza strumentale, lo Stato serbo non solo mantiene il monopolio in tema di sicurezza, ma ignora anche l’uguaglianza di genere, che si riferisce all’uguaglianza in termini di risultati e di equità.
L’approccio antimilitarista e femminista alla Risoluzione 1325 non prevedeva affatto che questo documento venisse usato per “rendere la guerra più sicura per le donne”, ma piuttosto che servisse a bandire i valori militaristi, causa di gravi danni a intere società. Un esempio di come i conflitti passati abbiano lasciato il segno in Serbia è la tendenza, osservata in tutti i paesi dei Balcani occidentali, alla violenza come struttura culturale – violenza che causa un senso di insicurezza generalizzato in tutti i cittadini, soprattutto nelle donne. Ma la Serbia sembra in qualche modo intenzionata a ignorare questa violenza. Guardando il PAN, per esempio, è interessante notare che, anche se la Risoluzione 1325 prevede meccanismi specifici per le operazioni di peacekeeping nelle zone post-conflitto, la Serbia non sembra considerarsi affatto una zona post-conflitto. Il documento, anzi, intende raffigurare la Serbia come un paese che possa potenzialmente fornire personale per le operazioni di peacekeeping. Il modello di Stato incarnato dal PAN ben rappresenta il desiderio delle autorità serbe di dipingere il paese come una nazione all’avanguardia, le cui fragilità del passato sono già state risolte, un paese che è pronto persino a fornire supporto in altre zone post-conflitto. Questo modo di intendere lo stato ha un profondo impatto sull’approccio serbo alla sicurezza: l’attenzione è interamente concentrata sugli interessi dello stato e questo influisce sugli obiettivi dei PAN, compromettendone così l’efficacia.
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IL SECONDO PAN (2016-2020): MIGLIORAMENTI, MA NON ANCORA SUFFICIENTI
La Serbia mira a entrare nell’Unione Europea (UE) nel prossimo futuro e uno dei requisiti che il paese deve soddisfare per essere ammesso come membro è proprio l’adozione di politiche di mainstreaming di genere. L’interesse politico della Serbia a diventare uno Stato membro dell’UE ha senza dubbio un impatto sulla logica che sta alla base dell’attuazione dei PAN.
Insieme al secondo PAN (2016-2020), la Serbia ha quindi anche lanciato la sua seconda Strategia Nazionale per l’Uguaglianza di Genere, valida per lo stesso arco temporale. L’attuazione del secondo PAN rientra proprio fra gli scopi della Strategia, che intende renderne operativi gli obiettivi. Entrambi questi documenti si sono basati sulla valutazione del precedente PAN e sono stati redatti insieme a organizzazioni internazionali, quali UN Women. Nel secondo PAN si nota un chiaro miglioramento in termini di meccanismi di implementazione ed è anche evidente una maggiore comprensione del Piano da parte degli organi ufficiali serbi. Tuttavia, uno dei maggiori problemi sia del Piano che della Strategia è la mancanza di validi indicatori che siano in grado di misurare l’efficacia dei meccanismi previsti. Di conseguenza, i risultati rimangono difficilmente misurabili. Un altro aspetto negativo sottolineato da diverse valutazioni (condotte, tra gli altri, da UN Women nel 2016 e nel 2019, dall’ Institute for Global and International Studies e dalla Swedish International Development Agency) è la struttura debole che sottostà al documento. La critica è che la mancanza di attività specifiche e dettagliate influisca sull’efficacia delle misure previste, nonostante alcuni obiettivi possano essere valutati positivamente. Si è sottolineato come il PAN (2016-2020) sia privo di un’adeguata teoria del cambiamento. Il fatto che vi sia una base teorica così debole e priva di una prospettiva esauriente sul tema del genere ostacola seriamente le condizioni per un cambiamento efficace.
Questo punto può essere esemplificato dal fatto che l’impatto dell’attuale PAN sia più facilmente visibile a livello sistemico, nei miglioramenti cioè a livello legislativo. Tuttavia, i cambiamenti a livello sistemico non sono ancora sufficienti a produrre cambiamenti strutturali, ovvero quelli che adottano il mainstreaming di genere come approccio principale per la definizione delle politiche serbe. I cambiamenti legali sono sicuramente un punto di partenza importante in direzione di una trasformazione culturale e istituzionale, ma non bastano a promuovere un cambiamento strutturale sostenibile. C’è da dire che il processo è ancora in corso, ma è difficile osservare per il momento delle pratiche concrete, soprattutto perché i PAN sono stati creati concentrandosi principalmente sul livello nazionale, non su quello locale. Pertanto, è fondamentale evidenziare che il mainstreaming di genere deve diventare un concetto fondamentale in grado di rimodellare le relazioni strutturali in Serbia.
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CONCLUSIONE: PIANI D’AZIONE LOCALI E GLI SFORZI DELLA SOCIETÀ CIVILE
Anche se il PAN serbo è stato progettato per essere attuato su scala nazionale, questo non ha impedito alle organizzazioni di donne, ispirate dalla Risoluzione 1325, di progettare i propri Piani d’Azione Locale (PAL). Nella città di Tutin, grazie all’ iniziativa della ONG Impuls in collaborazione con il Consiglio Comunale, è stato progettato e realizzato il primo PAL comunale per l’implementazione della Risoluzione. Nel biennio 2016-17, un secondo PAL è stato adottato e attuato nella città di Niš, dove è stata anche istituita una Commissione per l’Uguaglianza di Genere e le Pari Opportunità che intende soddisfare i requisiti della Risoluzione 1325. Si tratta di un’iniziativa del governo locale, ma è stata sostenuta, implementata e monitorata dalle organizzazioni della società civile del territorio. Il PAL di Niš è estremamente rilevante poiché la città è un luogo di transito nel quale la polizia locale è impegnata a contrastare il traffico di esseri umani. In quanto tale, una politica cittadina incentrata sul genere è di vitale importanza per l’applicazione dei diritti umani, con particolare attenzione alle donne e alle ragazze. Nel complesso, i PAL sono chiari esempi dei benefici di una governance coordinata tra lo Stato, le istituzioni locali e la società civile.
I paesi dei Balcani Occidentali condividono una storia comune e potrebbero beneficiare profondamente delle reciproche esperienze positive, soprattutto per quanto riguarda la riforma del settore della sicurezza post-bellica con il suo focus sulle questioni di genere e nella progettazione di un nuovo PAN.
Tornando all’analisi dei PAN serbi, si possono riscontrare profonde lacune nella progettazione di entrambi i documenti. La più cruciale mancanza è data dal fatto che nessuno dei due piani sposta il tema della sicurezza dallo stato alla popolazione. Nell’attesa dello sviluppo del terzo PAN della Serbia, questi sono alcuni suggerimenti per migliorarne l’efficacia:
- Il primo suggerimento è quello di adottare il concetto di sicurezza umana. Questo nuovo approccio alla sicurezza avrebbe un impatto positivo sull’intero impianto del PAN, mutandone interamente la prospettiva. Amplierebbe ciò che si intende per sicurezza, consentendo alla parità tra i sessi di essere considerata un obiettivo cruciale al raggiungimento di una pace sostenibile, concentrandosi sulle minacce e i rischi che ostacolano la popolazione e muovendosi verso il mainstreaming di genere.
- Il secondo suggerimento deriva dal primo: il Piano dovrebbe focalizzarsi sui cambiamenti strutturali (o culturali) invece che limitarsi a quelli sistemici. Questo si potrebbe ottenere attraverso l’applicazione di una solida teoria del cambiamento, capace di favorire tale trasformazione.
- Il terzo suggerimento è una conseguenza dalla storica emarginazione delle organizzazioni di donne, che sono state regolarmente escluse dal dibattito sulle questioni di sicurezza in Serbia. C’è un disperato bisogno di consultazioni con rappresentanti ed esperti della società civile, comprese organizzazioni di donne come la WiB o il Centro Autonomo delle Donne, che possiedono le competenze necessarie per la progettazione di un PAN di questo tipo.
- Il suggerimento finale è in linea con quello precedente e spinge in direzione di una cooperazione regionale nella progettazione del nuovo PAN. I paesi dei Balcani occidentali condividono una storia comune e potrebbero beneficiare profondamente delle reciproche esperienze positive, soprattutto per quanto riguarda la riforma del settore della sicurezza post-bellica con il suo focus sulle questioni di genere.
In conclusione, è possibile riassumere il quadro concettuale del PAN serbo come un approccio volto a favorire lo state-building, l’uguaglianza strumentale e la volontà di offrire una specifica immagine internazionale del paese. Pertanto, l’obiettivo primario della Risoluzione 1325 è stato in qualche modo mal interpretato dalla Serbia, dal momento che i suoi PAN non prevedono un effettivo cambiamento strutturale verso l’uguaglianza di genere e la sicurezza nel paese. Gli sforzi compiuti dalle organizzazioni civili e dai governi locali hanno tuttavia dimostrato che c’è sicuramente un margine di miglioramento e che tutti gli attori coinvolti in un modello di governance più inclusivo trarrebbero beneficio dai potenziali cambiamenti favoriti da un Piano d’Azione Nazionale adeguatamente concepito.
Beatriz Pimenta Klein è una studentessa del Master in International Security Studies della Scuola Superiore di Sant’Anna di Pisa.
Questo articolo è pubblicato sotto l’egida del progetto Enhancing Women’s Participation in Peace and Security (WEPPS), il cui obiettivo e di rafforzare l’efficacia e l’impatto dell’agenda DPS in Italia, nel Nord Africa e nei Balcani occidentali. WEPPS è un progetto del gruppo ERIS (Emerging Research in International Security) della Scuola Superiore Sant’Anna in Pisa, in partnership con l’Agenzia per il Peacebuilding, e finanziato dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.